26 aprile 2006

ho voluto farlo

Siamo andati all’aperitivo, e già da un po’, bere 2 frizzanti mi fa l’effetto, di 1 litro di vino, sono proprio diventata una schiappa.
E così, sparo un po’ di cose, del tipo, che mi licenzio, che vado via, bla bla…
Evito di descrivere le risposte.
Poi andiamo a pranzo, dallo zio, io c’ero e non c’ero, e lui neppure, nel senso che ha il vizio di ascoltare tutto e tutti, e se non sente con le orecchie, legge il labbiale.
Fatto sta che noto, che deve aver sentito qualcosa che gli da fastidio.
Chiedo spiegazioni ma niente.
L’aria è tesa che si taglia col coltello, dice 2 frasi e capisco che siamo alle solite, chi ha detto qualcosa è lo zio, e quindi ha scatenato quei dissapori e quegli umori neri vecchi come noè che stanno dentro di lui, che riaprono ferite, di cui non vuole parlare.
Io penso al mio vino.
Poi dico che è meglio che ce ne andiamo, che mi sento veramente in imbarazzo.
Così è.
Sarà il vino e tutto il contorno, in macchina, piango un po’ in silenzio, ma vedo che lo sta facendo pure lui.
Mi butto sul letto e vado in catalessi, lui esce in moto.
Dormo 2 ore filate, mi sveglia il rumore della pioggia sul tondo.
Dopo un po’ arriva pure lui.
Con le balle girate e un po’ bevuto.
Prende un libro, borbottando, qualcosa, del tipo, che è arrivato al capolinea e si mette sul divano da solo.
Poi dopo mezz’ora, guardo, stava ronfando.
A pancia in su, col cuscino sulla testa a coprire anche gli occhi, per la luce.
Mi sono avvicinata.
Mi sono chinata su di lui, l’ho guardato in silenzio, da vicino, ho ascoltato quel che mi trasmetteva, l’ho guardato un altro po’, poi gli ho dato un bacino sulle labbra, e ho ascoltato ancora.
Ma niente.
Si è svegliato, ma non si è mosso.
Gliene ho dato un altro, lui ha aperto un po’ le labbra, e ho sentito la lingua.
Mi sono tolta.
Ho ascoltato ancora, ma niente.
Lui era fermo, aspettava.
Mi sono inginocchiata per terra.
E l’ho guardato, ho continuato ad ascoltare, mentre mi chiedevo, cosa succede, dove finisce l’attrazione, una volta c’era, e adesso non sentivo niente..
Neanche il desiderio di un bacio…
Sono stata lì zitta e ferma per un po’.
Finchè non si è tolto il cuscino, mi ha guardata, e ha detto, vieni qui.
Mi sono sdraiata, e, boh…eppure una volta era così familiare quel corpo…
Mi ha baciato, ed era come ricordavo, gli stessi baci di un tempo.
Non sembrava fosse un bacio, dopo 3 mesi di assenza, io mi sentivo un iceberg, in mezzo al mare ghiacciato, e lui, qualcuno che cerca qualcosa che non trova.
Dopo tanto, mi sarei aspettata, un po’ di delicatezza, di sentire almeno l’attesa nelle sue labbra, ma niente.
Ha detto andiamo di là.
Andiamo.
Io non ho fatto nulla.
Sapevo cosa stavo facendo, sapevo cosa avrei o non avrei provato, sapevo che poi avrei pianto un po’, ma volevo esser sicura.
Tante volte mi sono chiesta, se non fossi io ad essermi messa in testa di non amarlo più, di non volerlo più, di essermi impuntata, e aver detto basta d’un tratto, contro quel che sentivo.
Tante volte mi sono chiesta, se qualcosa non fosse ancora lì, e io mi rifiutassi di volerlo sentire, perché sono capricciosa.
Ora volevo vedere se era vero, se c’era qualcosa da sentire l’avrei sentito.
Di sicuro avrei sentito, un palpito, un sussulto, avrei sentito il desiderio crescere, la voglia di un abbraccio..
Ma non ho sentito niente.
Non ho sentito dolcezza, sensualità, desiderio, non ho sentito, il bisogno di toccare, e sfiorare, non ho sentito la voglia di un bacio, non ho sentito la voglia di guardare, sentire ascoltare, capire…
Non ho sentito un tutt’uno.
Ho sentito, due mondi divisi e distanti anni luce.
Ho sentito, purtroppo, come io abbia sempre voluto vedere ciò che non c’era, come abbia voluto trovare quel che non esisteva, quel che non mi poteva dare.
Per questo mi sono sentita sola tante volte.
Ho sentito, che siamo diversi, e lo saremo sempre, che non c’entra l’impegno, o volere le cose.
Ma che siamo semplicemente differenti, e che io dovrei adeguarmi ad una differenza, che non basterebbe parlare all’infinito, spiegarsi, bisognerebbe snaturarsi.
E non so come lui, non veda, e non riesca a vedere, quanto io sia lontana.
Dopo 3 mesi, ci siamo avvicinati, pur restando lontanissimi.
Non so come lui non lo senta.
O forse sì, e fa finta di nulla.
Cmq, ho sentito, quel che mi manca, e mi è mancato sempre, quel che volevo, e cerco.
E ho sentito, che va bene cercare, volere, e non accontentarsi.
E che sì, così, non starò mai bene.
Forse non avrei, dovuto farlo, forse avrei dovuto ascoltarmi e basta.
Ma avevo bisogno di una prova, tangibile, che quel che sentivo non sono capricci, che come sempre, l’istinto e il cuore non sbagliano.E che è inutile, remare contro, e remarsi contro.

Avrei potuto non scriverlo, non dirlo.
Far finta di nulla, e tacere.
Ma così è, perchè è stato. Chi vorrà capire, capirà.

2 Commenti:

Blogger sel73 ha detto...

l'altra sera guardavo la tv, sky, c'era una trasmissione sulle donne.
Spezzoni di vita, vera, domande e risposte.
Una ragazza raccontava, che la madre l'ha sempre messa in guardia, sulla sindrome della rana nella pentola...
Le rane, diceva sua madre, assorbono il calore di dove si trovano, e ne prendono la stessa temperatura.
se le metti in una pentola, immerse in acqua fredda, loro saranno fredde.
Se poi, accendi la fiamma, pian piano la temperatura salirà, e loro si adatteranno, man mano, fino a morire, senza rendersi conto che l'acqua era diventata troppo calda.
molte donne, hanno questa sindrome, in famiglia, si adattano, pian piano, senza renderse conto, e pian piano muoiono...
sua madre, aveva fatto così, e un giorno, si era accorta, di essere morta dentro. Ed era troppo tardi.
Lei viveva con l'ansia della sindrome della rana nella pentola!
...una cosa buffa, ma in parte no, triste...

3:15 PM  
Blogger sel73 ha detto...

rileggo, e mi sembra tutto, così squallido, asettico, riguardante qualcun'altro.
Ma io c'ero?
E' successo o l'ho sognato?
Che strano...

7:40 PM  

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page