17 maggio 2006

" Introduco qualche moneta nella macchina delle fo­tografie e aspetto che il flash mi accechi.
Tiro la tenda ed esco, aspetto che le foto si sviluppi­no. Guardo attorno.
I portici in ombra. Gli alberi senza più foglie. Gen­naio della mia terra. Non ha colori, se non quelli delle case rosse, in un tentativo di infondere allegria. Guar­do il più lontano possibile, fin dove possono arrivare i miei occhi. Un cielo di ferro si fonde col bronzo della terra, che ha un odore tutto suo, quello dei fossi infan­gati di rane ed erba bagnata.
Non si vede l'inizio e la fine. I limiti si possono solo immaginare. Forse non ne ha. Così è la mia terra, così sono io.
Non c'è mai stato un mare da guardare qui, per noi. Il mare che si muove e fa rumore. Sennò sarebbe stato più facile. Qui è sempre tutto fermo e silenzioso. Siamo noi che ci siamo dovuti muovere. Non potevamo aspet­tare che si muovesse il resto. In questa Emilia.
Emilia.
Sarà anche il nome di mia figlia.
Emilia.
Qui nata, vissuta, invasa.
Dopo averle guardate, butto queste foto. Sono come certe parti di vita.
Si può anche decidere di buttarle via."


da: "lei, che nelle foto non sorrideva mai" Cinzia Bomoll

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